Dario Migliorini, 31/07/2020

Pensieri sul disco “Canzoni All’Angolo“.

Quando parli di te stesso, specie se sei un cantautore, corri grossi rischi. Quello di essere autocelebrativo è il più frequente. Hai inevitabilmente un lato più o meno spiccato di vanità, sei spesso al centro della scena e smanioso di vendere la tua arte. Ma corri anche il rischio di distruggere l’immagine dell’uomo che sei, stritolata da un mondo che risucchia la tua anima e getta alle ortiche la tua vita privata.

Sono rischi che Luigi Mariano ha completamente azzerato con “Canzoni all’Angolo“, il suo secondo album del 2016 (edito da Esordisco), certamente dal forte risvolto autobiografico. Ci è riuscito non certo con le mille bombe atomiche cantate nel bellissimo brano d’apertura, ma con altre due armi di cui dispone in abbondanza: la sensibilità e l’ironia. La sensibilità gli ha consentito di entrare fino in fondo nelle difficoltà e nei punti irrisolti della sua vita, su cui sta ancora lavorando. L’ironia, unita a un innato ottimismo, gli ha consentito di non ridurre se stesso in brandelli e di trattare temi difficili con una sorprendente leggerezza. Ne risulta un album delizioso, nel quale la malinconia e il disagio interiore non tolgono spazio al senso di speranza che l’ottimista triste – il profilo che compare nella canzone più spassosa dell’album – continua a provare. Il carattere autobiografico è evidente. Il cantautore salentino porta con sé dal passato un rapporto molto profondo con i genitori, specie col padre, già cantato nel suo primo album. Poi un’importante storia d’amore finita, le cui cicatrici lasciano ancora il segno. Infine alcuni vincoli e retaggi dal passato, in particolare la sofferta e non da tutti compresa scelta di rinunciare a una carriera di medico per la musica.
Temi che, pur fortemente personali, assumono un carattere di universalità, dal momento che sono comuni a tanta gente.

Il titolo dell’album ci segnala già qualcosa di importante. Si parla di un uomo che scrive canzoni. C’è un artista a rappresentare l’uomo, c’è un uomo dietro la facciata dell’artista. L’uomo soffre, rimugina, ricerca, risolve. L’artista mette in versi e in note quel tumulto interiore. In Canzoni All’Angolo l’artista è esso stesso protagonista, perché non è osservatore distaccato della società e della vita altrui, ma cantore delle proprie sofferenze e delle proprie speranze.

In brani come la title track, Alla Fine Del Check e Se Ne Vanno, il protagonista canta e scrive canzoni. Non dipinge l’umanità, ma la rappresenta in prima persona. Proprio nella title track, splendida melodia di chitarra e violini cantata in tandem con Neri Marcorè, l’uomo e l’artista non si distinguono. L’uomo è di carattere mite, non ama il centro della scena, ma vuole provare a mettersi in gioco per inseguire il successo personale o semplicemente per avere un ruolo riconosciuto nella società. La vita pubblica e la notorietà hanno però le loro dure regole. Ritmi diversi, quasi telecomandati da qualcun altro. Ma soprattutto la necessità di gestire un’immagine pubblica spesso diversa da come si è dentro. È così nel lavoro e nelle relazioni sociali di una persona comune. È così, ancora di più, per un cantante. E allora l’uomo torna all’angolo. Non lo fa da sconfitto (“un pugile suonato che però non è mai caduto”), ma nella viva speranza che qualche cuore genuino e sincero lo apprezzi. Apprezzi la sua onestà, la sua sensibilità. Le sue canzoni all’angolo, appunto.

Il parallelo uomo-artista si ripresenta forte in Alla Fine Del Check, un bel rock melodico dal forte sound springsteeniano. Il cantante ha scritto canzoni, le ha arrangiate, provate e riprovate, ha viaggiato, ci ha creduto. In ultimo ha messo a punto i suoni prima del grande concerto. Ma tutto salta, banalmente per la pioggia. Ti arriva addosso quel senso di sconfitta che coglie ogni persona quando un obiettivo importante si dilegua miseramente nel vento. In parallelo nel testo compaiono piccoli grandi esempi di persone che aspettano qualcuno o qualcosa che non arriverà più. O non arriverà mai. Splendida la variazione sul tema musicale che porta alla fine del brano. Per me uno dei momenti topici dell’album.

In Se Ne Vanno, dolce brano country folk a tempo di valzer, abbiamo ancora l’uomo che canta. Questa volta però lo fa per lenire il dolore provocato da un grande amore ormai finito. Un tema che ricorre nell’album. Una storia d’amore importante che non cessa di far sentire le sue tumultuose conseguenze, ma che nel contempo accompagna la vita. Malinconia e speranza, smarrimento e consapevolezza. Elementi che si inseguono in un quadro che cambia espressioni e colori in base al momento e alla prospettiva da cui lo si osserva.

Anche in Mille Bombe Atomiche, certamente la potenziale hit dell’album, Luigi Mariano lavora su questi temi. Il passato torna inevitabile. Con ricordi che lasciano la dolce tristezza di qualcosa che è stato molto bello. Anche con i rimpianti di cose che avrebbero potuto andare diversamente.
Monta la rabbia per non essere stati compresi nelle proprie scelte e per il rammarico di qualcosa che non si è fatto. L’uomo vorrebbe distruggere tutto, proprio come farebbero mille bombe atomiche. Ma quell’effetto dirompente non è nelle sue corde. Sa che quelle bombe vanno disinnescate, soprattutto per non rinnegare se stessi e la propria natura.

Di una intensa storia d’amore finita parla anche Come Orbite Che Cambiano. Mariano si è appassionato del personaggio Stephen Hawking, non solo per le sue importanti teorie sul cosmo e per la sua commovente vicenda umana, ma anche perché, a un tratto della sua vita, decise di lasciare la donna che aveva sempre amato, colei che lo aveva aiutato a superare i forti vincoli della sua disabilità. L’autore vede un parallelo con la fine della sua relazione perché le ragioni sono fondamentalmente le stesse: liberare la donna amata dai vincoli che lui, con la sua vita in costante cammino, le avrebbe generato. Ne risulta una piacevole canzone romantica, nella quale la relazione è vissuta come se i due innamorati vivessero in uno spazio cosmico, favoloso e immenso, nel quale però è facile perdersi.

Il fardello del passato torna ingombrante anche in Quello Che Non Serve Più, un delizioso brano acustico che viene ispirato dall’abitudine di tanti di non buttare via niente. Così come le cose inutili ingombrano gli scaffali e tolgono spazio a qualcosa di più importante, così nella vita alcuni retaggi che ci si porta dietro limitano le potenzialità del domani. Ci si arrocca sulle proprie posizioni, si recano con sé i propri demoni. Si rischia anche di ferire le persone care. E allora arriva quel momento di svolta, quando le cose inutili vengono tolte dagli zaini, per essere più leggeri e camminare più agili e risoluti verso l’avvenire.
Sì perché, a un tratto arriva il momento di partire.
L’Ora Di Andar Via parla di questo. L’ultima traccia dell’album chiude il percorso iniziato con il tumulto interiore che stava per detonare con quelle mille bombe atomiche. In un dolcissimo brano a mo’ di nenia, l’uomo che ha attraversato tutto l’album alla ricerca di risposte e di un po’ di pace ora capisce che è il momento di cercare altrove, di proseguire nel cammino, a cui sembra predestinato. Del resto se, come Mariano, aspiri a una carriera da medico e poi decidi di fare il menestrello, i piedi piantati in un posto solo non ti è concesso di tenerli. E, se è vero che la malinconia passerà durante il percorso, è altrettanto chiaro che la mente e il cuore riserveranno sempre un posticino per quell’amore.

La speranza di trovare una soluzione ai problemi della vita è anche il tema di fondo de L’Ottimista Triste. In questo caso però regna l’autoironia, arma fondamentale per non cadere nella commiserazione di sé stessi. Insieme al conterraneo Mino De Santis, l’artista di Galàtone non si prende troppo sul serio e cerca, anche nella leggerezza della vita, un modo per espiare le colpe e superare le difficoltà. La tristezza rimane di fondo – il titolo non lascia dubbi – ma una visione ottimistica della vita aiuta ad alleggerire il peso. Del resto lo dice senza mezzi termini il protagonista: “Non mi do per vinto, anche se sono disperato, perché se sono nato, una ragione ci sarà.

L’ironia fa capolino anche in Fa Bene Fa Male, un rock leggero, melodico e molto piacevole, nel quale l’autore, con la sapiente complicità di Simone Cristicchi, getta nel calderone dell’informazione tutto ciò che fa notizia, anche la più banale, e rivendica la libertà di poter decidere con i filtri del proprio intelletto e della propria sensibilità ciò che è bene e ciò che è male, senza che quel distinguo venga imposto dall’informazione dominante. Giunge così alla conclusione che molte delle cose per cui la gente si arrocca su fronti contrapposti in realtà hanno lati positivi e negativi. Con una buona dose di ironia e di leggerezza, il duo Mariano-Cristicchi ci conferma che non è tutto bianco o nero, ma esiste un mondo con tante sfumature.

Scambio Di Persona è un sorprendente blues rock, il brano più graffiante dell’album, non solo per l’aspetto musicale. Luigi Mariano graffia e non poco anche con la penna, il cui inchiostro diventa veleno. Il crollo verticale di un senso etico e ideale nella politica e nella società è il punto centrale. E le vittime di questo attacco sembrano essere soprattutto quelle persone che rinnegano i loro sani ideali dei primi tempi non appena il sistema di potere li mette spalle al muro. Nessuna resistenza, nessuna lotta. Solo un risucchio nell’ingranaggio degli interessi e del malaffare. Forse l’autore è davvero troppo ottimista nell’ipotizzare che il popolo insorga, immobile come ormai è da tempo nelle sue futili comodità e incapace di pesare i diritti che ormai gli vengono sfilati costantemente da sotto il naso.

Infine Il Fantasma di Tom Joad. Una cover di Springsteen, per di più traslata in italiano, in un album di inediti. Un altro grande potenziale rischio. E invece niente di più azzeccato. Il tema, intanto, converge totalmente. Gente in movimento verso una vita migliore. Sofferenza e ricerca di riscatto. Di questo parla la canzone del Boss, richiamando il mitico protagonista di Furore di Steinbeck. Poi c’è Luigi Mariano. Trasportare in italiano un testo inglese, dovendo rispettare la metrica di ogni verso, è qualcosa di maledettamente difficile. La sua abilità di fine paroliere centra decisamente l’arduo obiettivo. A questo si aggiungono l’amore di Mariano per Springsteen, che gli consente di mettere l’anima nella sua versione. E ci sono, pur nel rispetto del tema musicale originale, alcune trovate negli arrangiamenti che danno alla canzone un tiro diverso. Una ritmica più potente e “schizzi” della sezione archi, oltre al testo in italiano, rendono questa versione molto originale.

A proposito di arrangiamenti: il lavoro di Alberto Lombardi alla produzione artistica dell’album è di valore assoluto. Il chitarrista laziale non solo arrangia ed esegue le parti del suo strumento principe, ma scrive gli arrangiamenti per tutti gli strumenti e mostra grande versatilità, spaziando dalla canzone melodica italiana al country americano, passando per il blues e per il rock. Se Luigi Mariano mostra grande sensibilità umana nei suoi testi e traduce mirabilmente i concetti in versi che lasciano il segno, Alberto Lombardi lo affianca con una sensibilità musicale davvero preziosa. Un connubio, il loro, già operante da anni ma che con Canzoni all’Angolo raggiunge un livello notevole e apre l’orizzonte della musica di Mariano verso nuovi lidi. Che speriamo vengano attraccati quanto prima con altri bei dischi come questo.

 

DARIO MIGLIORINI